Una tradizionale casa eoliana dove ritrovare l’antica magia dell’isola.
UCCELLI D'ALTO MARE
CASA PER VIAGGIATORI
Stromboli, l’isola dove nascono le nuvole.
“Giungemmo sul fare dell’alba all’isola abitata da Eolo, governatore dei venti. L’isola è vagante sui flutti e tutt’attorno un gran muro di bronzo la circonda, infrangibile, e lisce si levano in alto muraglie di pietra.
Il Dio ci accolse benevolo e ci trattenne per un mese intero per il desiderio di conoscere la nostra storia. Ma quando noi lo pregammo di lasciarci partire egli acconsentì, facendoci dono di un otre dove aveva racchiuso tutti i venti perché scegliessimo quelli più favorevoli alla nostra navigazione”.
tratto da Odissea, X, vv.1 sgg
DIARIO DI BORDO
Storie incredibili e gesti quotidiani
Il gelso delle Fate
È incredibilmente difficile riuscire a ottenere informazioni sulle fate, e l’unica cosa certa, o quasi, è che ci sono fate ovunque ci siano bambini. (James Matthew Barrie, Peter Pan nei Giardini di Kensington)
Merlo Merlino
Una mattina il merlo vide un pentolino su un davanzale.Il merlo si avvicinò subito al pentolino per curiosare.Dentro al pentolino il merlo vide una crema gialla come l’oro e profumata come un fiore.Quella crema lo tentava e non ci pensò due volte: il merlo mangiò la crema gialla.Mentre se ne stava con il becco golosamente immerso nel pentolino, alla finestra si affacciò una vecchietta che era una Fata.La Fata sgridò il merlo perché aveva mangiato la sua crema, batté le mani e pronunciò parole misteriose.Il tegamino scomparve, la crema andò in fumo, ma il merlo non riuscì a pulirsi il becco.Da allora tutti i merli hanno il becco giallo; perciò ogni volta che un merlo passa, gli altri uccelli si raccontano sottovoce quella vecchia birbonata. Italo Calvino …ma quando incontrai Merlino per la prima volta non aveva il becco giallo. Non aveva nemmeno le piume a dire il vero, ma solo una rada peluria sulla pelle nuda infestata da insetti. Quando i due ragazzi lo portarono a casa nel palmo della mano tornando dal giardino, alla loro domanda “Ma secondo te é morto?” risposi con la ferocia ineluttabile che la vita a contatto con la natura insegna: “Secondo me sì”. Ma i lucciconi nei giovani occhi atterriti dal mistero sconosciuto della morte, mi commossero e, più per dare all’esserino degna sepoltura che per nutrire vane speranze di resurrezione, lo avvolsi in un panno di lana e lo lasciai in un cartone al riparo dai gatti. Mezz’ora dopo una bocca enorme e vorace si spalancò esigendo cibocibocibocibo! e ci rendemmo conto che da quel momento avevamo un nuovo problema… Di che specie era quell’essere informe? Con che cosa potevamo nutrirlo? Sapevo che le speranze che potesse sopravvivere erano praticamente pari a zero ma la vita è urgente e non dà spazio ad altre considerazioni se non acconsentire alla vita stessa e iniziammo a darci da fare. Scoprimmo velocemente, grazie ai potenti mezzi offerti da whatsapp e ai preziosi consigli telefonici di un amico ornitologo, che era molto probabilmente un merlo e cominciammo a provare a nutrirlo, alimentando così assieme alla sua inesauribile voglia di vivere, anche le nostre speranze: l’avventura di convivere con un piccolo merlo era iniziata! La giornata cominciò ad essere scandita principalmente dalle sue esigenze: come la maggior parte dei cuccioli di esseri viventi, doveva cibarsi ogni due, tre ore al massimo, di conseguenza tutte le attività della casa si risettarono su un asse di scansione temporale del tutto nuovo. La carne macinata rifilatagli nei primi giorni, pur nutrendolo, risultò essergli molto dannosa facendogli imbrattare dovunque di maleodoranti scagazzi e lasciandolo stremato ad ogni somministrazione di cibo. Capimmo che di questo passo non sarebbe sopravvissuto a lungo. Luca, l’amico ornitologo, ci suggeriva telefonicamente di farci arrivare dal continente una congrua fornitura di vermi vivi per la pesca che a suo dire erano il cibo perfetto del famelico volatile. Ci sembrava un po’ complicato ma già cominciavamo ad informarci sugli eventuali fornitori, quando ad Aziz venne un lampo di genio: la compostiera del giardino brulicava di vermi grassocci che si nutrivano abbondantemente di sano compost! Sarebbe bastato rovistare un pò con una paletta da spiaggia raccogliendo una minima quantità di compost da cui con una pinzetta recuperare un paio di vermi da dare in pasto alla belva ad orari prestabiliti. Da quel momento ci rendemmo conto di avere una quantità di ottimo cibo freschissimo sufficiente ad allevare stormi di merli se se ne fosse presentata l’occasione. Brutto era brutto forte, anche quando cominciò a crescere, a dire il vero molto velocemente. Venne immediatamente battezzato con il fin troppo ovvio nome di Merlino. In realtà sarebbe stato più adatto Anacleto per quell’espressione continuamente imbronciata come di chi sta incazzato con il mondo intero per l’enormità delle ingiustizie subite e l’abitudine ad esprimere sempre la propria opinione, per lo più in disaccordo, riguardo qualunque cosa accadesse nei paraggi dei suoi trespoli improvvisati: uno scalino della scaletta che porta al soppalco, una canna messa di traverso fra due sedie, il bordo della scatola dove si tentava invano di contenere il suo brio partecipativo alla vita sociale della casa. In realtà il livello di inquinamento umano aveva da tempo superato il livello di guardia. Un po’ alla volta si rese evidente il fatto che Merlino soffrisse indubitabilmente della sindrome da Gabbianella. Così come la nota Gabbianella di Sepulveda che era certa di essere un gatto, mai e poi mai Merlino sarebbe stato sfiorato dall’idea di essere altro se non un umano. Non appena qualcuno si apprestava a varcare la soglia di casa per entrare, lui con frettolosi balzelli gli si apprestava con una urgente quanto a dire il vero educata enunciazione di saluto e di successiva domanda: “Ciao, io sono Merlino e tu chi sei?” Se l’umano in questione era a digiuno del fatto che in questa casa vivesse un giovane merlo libero di andarsene in giro a proprio piacimento, il meschino rischiava di essere ridotto in cotoletta di merlo da un passo disattento, cosa che accadeva appunto decine di volte al giorno data la sua irrefrenabile curiosità ad indagare riguardo a quel che potesse esservi di interessante al di sotto delle scarpe di ognuno degli umani il cui passo si presentasse davanti al suo becco. La sua serafica indifferenza al mortale pericolo sfiorato di continuo ci fece insorgere lecitissimi dubbi riguardo alla sua possibile atarassia, ossia quel disturbo a causa del quale non si conosce la morsa feroce di emozioni salvavita indispensabili come la paura. In realtà più che l’atarassìa, si rese evidente la sua intima convinzione di essere a tutti gli effetti un umano allorquando i suoi irrequieti balzelli cominciarono a portarlo in direzione dei numerosi gatti che, abitanti abituali del quartiere, si trovavano a passare per il terrazzo: in bilico fra la certezza della preda imminente e lo stupore attonito di un comportamento incomprensibile, il felino di turno restava immobilizzato quell’attimo di troppo, sufficiente per riuscire a portare precipitosamente a buon fine quotidiani salvataggi in extremis che ricevevano in cambio le proteste del merlo, convinto dell’assoluta liceità dei suoi tentativi di socializzare con l’universo felino. Risolto brillantemente il capitolo cibo, Merlino cresceva dunque a vista d’occhio, felicemente inconsapevole del suo essere merlo. D’altronde come esserlo? Trascorreva la totalità del suo tempo con umani, peraltro umani di una specie un po’ particolare, ritenuta a dire di molti in pericolo di estinzione: umani a cui piacciono i libri. Il merlo si ritrovava così a trascorrere gran parte del suo tempo sugli scaffali della Biblioteca in Mezzo al Mare dove i “suoi” umani si divertivano a mettere in ordine, spostare, spolverare oggetti di cui non era ben chiara la funzione e il significato. Oltre alle ansie di vita quotidiana, se ne andavano aggiungendo di nuove di carattere per così dire etico relative all’eccessiva antropomorfizzazione di un individuo di una specie non soltanto evidentemente non-umana ma addirittura selvatica. Gli interrogativi erano principalmente due: come insegnargli la lingua dei merli che gli permettesse di comunicare in un prossimo futuro con i suoi veri simili? E poi, come insegnargli a volare? Il ragazzo non sembrava minimamente interessato a nessuno dei due argomenti. A parte agli improbabili quanto continui stridìi a commento del nostro quotidiano, non c’era nessun accenno ad un modularsi dell’idioma che lo avvicinasse ad un primo passo verso la socializzazione merlica. Cugino Luca, in quei giorni osservatore allibito delle vicende narrate, partecipò con un contributo determinante all’evolversi della situazione: gli bastò cercare su google “verso del merlo” ed entrammo immediatamente in possesso di alcuni file che cominciammo a somministrare all’attenzione di Merlino, immediatamente catturato a livello ipnotico da questa nuova esperienza. Probabilmente Merlino è stato il primo merlo della storia che, avendo avuto accesso a google, ha avuto la possibilità di superare l’handicap di partenza per evolvere verso nuove possibilità insperate… La questione del volo fu più lunga e complessa. Nonostante le numerose ricerche su google, non riuscimmo a trovare nulla di utile riguardo a “come insegnare a volare a un merlo” o qualcosa di simile. Capimmo che avremmo dovuto procedere per tentativi. Essendo ormai in giugno inoltrato, andarsene in giro per il paese o fermarsi a fare colazione al Canneto con un merlo appollaiato sul dito o su un pezzo di canna, non passava del tutto inosservato e d’altronde Merlino adorava essere al centro delle attenzioni del suo pubblico. Accettava di buon grado mollichine di cornetto e carezzine sulla testa e viceversa detestava vedermi immersa nella lettura di un buon libro da cui si sentiva tagliato fuori, non avendo ancora purtroppo imparato a leggere. Si decise dunque che le lezioni di volo si sarebbero tenute in spiaggia al tramonto, confidando in un momento non eccessivamente affollato dai bagnanti. (CONTINUA)
Nanni e le api
Quando contemplava i suoi alveari, Aurélien aveva la sensazione che quegli insetti fossero riusciti lì dove l’uomo aveva fallito. Pigiate le une contro le altre, le api mantenevano così una temperatura costante. Si adoperavano insieme per la comunità. (Maxence Fermine) WhatsApp Image 2020-02-17 at 00.18.03 (1) WhatsApp Image 2020-02-17 at 00.18.03 (1) WhatsApp Image 2020-02-17 at 00.18.03 (1) WhatsApp Image 2020-02-17 at 00.18.03 (1)
Biblioteca in mezzo al mare
Una delle istituzioni più sovversive degli Stati Uniti è la biblioteca pubblica. (Bell Hooks) Abbiamo iniziato a raccogliere libri nel 2011, fin dall’inizio del nostro percorso. Le donazioni sono state tantissime, da parte di tutti: strombolani, amici dell’isola, turisti e anche sostenitori sconosciuti che hanno accolto la nostra richiesta e ci hanno aiutato a mettere insieme questo piccolo sogno. Anche alcune case editrici ci hanno sostenuto, in particolare alcune specializzate nel settore dell’educazione e dell’istruzione ci hanno invitati a scegliere dal loro sito web tutti i testi di cui ritenevamo di aver bisogno. Grazie a loro abbiamo potuto creare una sezione specifica dedicata alla formazione dei volontari coinvolti. Lavorare con i bambini, infatti, richiede competenze e capacità che ognuno di noi cerca ogni giorno di perfezionare ed aggiornare. 030019c7 030019c7 030019c7 030019c7 IMG-20160803-WA0032 IMG-20160803-WA0032 IMG-20160803-WA0032 IMG-20160803-WA0032 IMG-20170704-WA0001 IMG-20170704-WA0001 IMG-20170704-WA0001 IMG-20170704-WA0001 IMG-20170704-WA0002 IMG-20170704-WA0002 IMG-20170704-WA0002 IMG-20170704-WA0002 WP_20160705_12_42_39_Pro WP_20160705_12_42_39_Pro WP_20160705_12_42_39_Pro WP_20160705_12_42_39_Pro WP_20160705_12_44_27_Pro WP_20160705_12_44_27_Pro WP_20160705_12_44_27_Pro WP_20160705_12_44_27_Pro WP_20160706_13_03_02_Pro WP_20160706_13_03_02_Pro WP_20160706_13_03_02_Pro WP_20160706_13_03_02_Pro
Come eravamo
Un luogo non è mai solo ‘quel’ luogo: quel luogo siamo un po’ anche noi. In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati. (Antonio Tabucchi) IMG-20150421-WA0006 IMG-20150421-WA0006 IMG-20150421-WA0006 IMG-20150421-WA0006 IMG-20150421-WA0012 IMG-20150421-WA0012 IMG-20150421-WA0012 IMG-20150421-WA0012 IMG-20150421-WA0011 IMG-20150421-WA0011 IMG-20150421-WA0011 IMG-20150421-WA0011 IMG-20150421-WA0005 IMG-20150421-WA0005 IMG-20150421-WA0005 IMG-20150421-WA0005 FB_IMG_1449777862192 FB_IMG_1449777862192 FB_IMG_1449777862192 FB_IMG_1449777862192 IMG-20150421-WA0010 IMG-20150421-WA0010 IMG-20150421-WA0010 IMG-20150421-WA0010 IMG-20150421-WA0014 IMG-20150421-WA0014 IMG-20150421-WA0014 IMG-20150421-WA0014 IMG-20150421-WA0001 IMG-20150421-WA0001 IMG-20150421-WA0001 IMG-20150421-WA0001 IMG-20150421-WA0002 IMG-20150421-WA0002 IMG-20150421-WA0002 IMG-20150421-WA0002 IMG-20160701-WA0012 IMG-20160701-WA0012 IMG-20160701-WA0012 IMG-20160701-WA0012 FB_IMG_1449778012798 FB_IMG_1449778012798 FB_IMG_1449778012798 FB_IMG_1449778012798 FB_IMG_1449777885810 FB_IMG_1449777885810 FB_IMG_1449777885810 FB_IMG_1449777885810 IMG-20160701-WA0010 IMG-20160701-WA0010 IMG-20160701-WA0010 IMG-20160701-WA0010 FB_IMG_1449777966637 FB_IMG_1449777966637 FB_IMG_1449777966637 FB_IMG_1449777966637 IMG-20160701-WA0008 IMG-20160701-WA0008 IMG-20160701-WA0008 IMG-20160701-WA0008 FB_IMG_1449777910541 FB_IMG_1449777910541 FB_IMG_1449777910541 FB_IMG_1449777910541 FB_IMG_1449777900720 FB_IMG_1449777900720 FB_IMG_1449777900720 FB_IMG_1449777900720 FB_IMG_1449777979395 FB_IMG_1449777979395 FB_IMG_1449777979395 FB_IMG_1449777979395 IMG-20150421-WA0009 IMG-20150421-WA0009 IMG-20150421-WA0009 IMG-20150421-WA0009 IMG-20150421-WA0008 IMG-20150421-WA0008 IMG-20150421-WA0008 IMG-20150421-WA0008
Bimbi felici
Sarebbe bello parlare con i bambini che eravamo e chieder loro cosa ne pensano degli adulti che siamo diventati. (Juan Felipe Gabanhia) MATIAS, l’infanzia di un gelataio ” Ne abbiamo fatte davvero tante insieme ai bambini strombolani! Una volta con una fionda rompemmo tutte le bottiglie gelosamente messe da parte per fare le conserve di pomodori alla fine di agosto. Ce n’erano tantissime, le mettemmo tutte in fila ordinatamente sul muretto e alla fine il giardino era disseminato di pericolosissimi vetri rotti. Quando poi utilizzai tutta una scatola con un centinaio di guanti di lattice per fare palloncini ad acqua e dopo un’aspra battaglia contro il mio vicino lasciai un cimitero di diti esplosi in giardino, allora vidi Monica davvero furibonda! Quell’estate però fu tutto diverso: avevo undici anni ormai, avevo appena finito la prima media ed ebbi il permesso di andare a stromboli da solo per qualche giorno. Monica è “quasi” mia zia e, dopo molte insistenze, riusciì a convincere mia madre. Quei pochi giorni conquistati divennero settimane e finì che trascorsi sull’isola tutta l’estate. La giornata perfetta di un bambino felice a Stromboli cominciava con lo svegliarmi da solo in casa, come i grandi, mentre gli altri erano già tutti al lavoro. Una fetta di pane con la strepitosa marmellata di albicocche del giardino fatta dalla zia e poi, a passo svelto e deciso, come chi ha di fronte a sè una giornata molto impegnativa, passavo a salutare Monica al bar sulla spiaggia che aveva preso in gestione. Da lei, ad ogni mia richiesta di permesso, ricevevo risposte sempre molto simili: un attimo di seria riflessione e poi le domande “Te la senti? Pensi di potercela fare? Sei sicuro che sarai responsabile?” Rispondevo ovviamente di sì in maniera entusiastica e così quell’estate, libero di fare (quasi) tutto, mi sentivo già grande, ormai pronto ad affrontare il mondo. Al Villaggio Stromboli Angelica mi aveva rubato il cuore: forte e delicata, coraggiosa e sorridente, per la prima volta ero perdutamente innamorato di un bellissimo angelo che aveva soltanto vent’anni più di me… Stare al Villaggio era un’avventura incredibile ogni giorno diversa. Il capanno degli attrezzi era la mia Capanna Dei Desideri, con tutto quello che un bambino di 10 anni che ama il mare può volere: vecchie vele, salvagenti, mucchi di cime, il tutto immerso nella puzza di totano morto tipica di questi posti. Dalla riva restavo a guardare lo scoglio dello Strombolicchio, lì, sempre lì, lontano. Imparai ad andare per mare con una minuscola barchetta a vela che Angelica mi lasciava usare, fino a quando un giorno questo bambino conquistò la sua piccola isola tutto solo e gli parve di aver conquistato il mondo. Al tramonto, tornando verso Scari, passavo sempre per il bar per rassicurare la mia bella zia e raccontarle le mie avventure ma soprattutto per il mio solito gelato a quattro gusti. So per certo che quella fu l’estate in cui compìi il Grande Balzo, da bambino a ragazzo. E sono certo che fu proprio lì che decisi che da grande avrei fatto il gelataio…” Totta e morris Totta e morris Totta e morris Totta e morris Ceci ballerina Ceci ballerina Ceci ballerina Ceci ballerina Morris Morris Morris Morris 2fiorellini 2fiorellini 2fiorellini 2fiorellini 20140728_095412 20140728_095412 20140728_095412 20140728_095412 F8e485de-cf3a-46a7-9fb2-4ea4a6a95eff F8e485de-cf3a-46a7-9fb2-4ea4a6a95eff F8e485de-cf3a-46a7-9fb2-4ea4a6a95eff F8e485de-cf3a-46a7-9fb2-4ea4a6a95eff WhatsApp Image 2019-05-04 at 18.32.06 WhatsApp Image 2019-05-04 at 18.32.06 WhatsApp Image 2019-05-04 at 18.32.06 WhatsApp Image 2019-05-04 at 18.32.06 Ea6bdff5-ffe8-4f8a-952a-5748a995afa7 Ea6bdff5-ffe8-4f8a-952a-5748a995afa7 Ea6bdff5-ffe8-4f8a-952a-5748a995afa7 Ea6bdff5-ffe8-4f8a-952a-5748a995afa7